Recensione – Quello che non sono mi assomiglia di Gianluca Giraudo

Che cos’è l’identità? In che cosa ci riconosciamo noi? Siamo davvero quello che ci diciamo di essere? Vogliamo essere veramente ciò che appariamo agli altri?

Un inizio strano, devo ammetterlo: un uomo, che dopo le prime righe scompare dal racconto e dal libro stesso, è il filo che unisce le storie di tutti gli altri personaggi, di tutti coloro che lo hanno conosciuto ed ora intervengono a raccontare il loro punto di vista sulla storia.

E sulla vita di quell’uomo.

Tutti, tranne l’unica donna che lui abbia davvero amato, sua moglie, quella che lui definisce l’amore della sua vita. Di lei, per quasi tutto il romanzo, non c’è traccia. Comparirà solo alla fine per dare senso a tutto il racconto, per dare, forse, il senso ultimo, alla vita di quest’uomo e donare serenità a colui che ha deciso di amare, nonostante tutto.

Si accavallano tante voci, dal ragazzo di paese legato alla sua Chiesa e alle messe della domenica che vive la domanda esistenziale per eccellenza “Ma Dio, dov’è?”, alla donna che si innamora del barbone, all’uomo che non riesce a far durare una storia d’amore oltre il tempo del sesso al figlio arrabbiato o alla figlia inquisitrice, alla vecchia che aiuta il prossimo e guarda il mondo quasi fosse affacciata perennemente dall’oblò di un treno.

Chi sono? Me lo sono chiesta spesso. Chi sono tutti questi personaggi, dove vuole andare a parare lo scrittore? Cosa ci vuole raccontare dicendoci spezzoni di vita uno dietro l’altro? Chi sono tutti loro? Insomma una miriade di domande che apparentemente non trovano una risposta. Poi come al solito vado fino in fondo, perchè quando un libro lo leggi appoggiato alla bottiglia dell’acqua mentre mangi il tuo pranzo, allora è un buon libro.

Ecco, ad un certo punto, troppo in fretta, devo ammetterlo, sono arrivata alla fine e ho scoperto l’arcano. Gaia ci dice che dentro al libro c’è anche lei. Un’identità che fatica a venir fuori, una ricerca costante di sé scardinata dai canonici dover essere, un’impresa da compiere per essere davvero se stessi. Ed ecco la risposta alle mie domande o meglio, la risposta che ho deciso di darmi e che, lo sapete, è il leitmotiv di questo blog, ovvero ciò che mi resta dentro dei libri. Di questo mi resta che tutti questi personaggi sono facce molteplici di un unico caleidoscopio e che ogni caleidoscopica persona è una realtà.

“Uno, nessuno, centomila” diceva Pirandello: siamo così diversi, sempre e comunque, dall’idea statica di noi stessi che vogliamo conservare, da perdere di vista il nostro costante mutamento. Ecco chi sono i personaggi del libro: li amiamo perché sono il mutamento, ciò che potremmo essere ma non osiamo essere, ciò che siamo e non diciamo, ciò a cui aspiriamo e che ci spaventa. È tutta una questione di identità e il libro, scritto in una prosa così veloce, scorrevole eppure densa, ci catapulta in questo mondo fantastico che è la vita e ci lascia così, basiti e follemente innamorati di tutto ciò che ci è stato dato di vedere riga dopo riga. Se poi il dubbio è che siano tutti stralci di vita vera, beh il boom è assicurato.

Leggetelo, ne vale davvero la pena.

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